"L'Ultimo Seder A Bergen-Belsen"
Italienische Übersetzung von „Seder 1945 im Kinderhaus von Bergen-Belsen“ 

von Hans-Dieter Arntz
07.03.2007

Dr. Wolf Murmelstein, Sohn des letzten Judenältesten von Theresienstadt, hat es sich zur Aufgabe gemacht, Spuren der jüdischen Religiosität im Holocaust für eine italienische Leserschaft  ausfindig zu machen. Als Sohn eines Wiener Rabbiners und Gelehrten musste er im Kindesalter die schrecklichen Vorkommnisse in diesem Lager miterleben. Heute fühlt sich dazu berufen, den Nachweis für die jüdische Glaubensstärke zur Zeit der Shoa nachzuweisen. Dass er dabei immer wieder auf die Literatur und Quellenhinweise von Hans-Dieter Arntz stieß, ehrt den Euskirchener Regionalhistoriker.

Der bekannte italienische Publizist und Judaica-Forscher Dr. Wolf Murmelstein lebt heute in Ladispoli bei Rom. Er übersetzte bereits wesentliche Passagen der Arbeit von Hans-Dieter Arntz: „Jüdisch religiöses Leben im Ghetto von Riga“ unter der Überschrift  „Vita Religiosa Ebraica Nel Ghetto Di Riga“ sowie „Canti Di Ebrei Deportati“. Diese Beiträge sind auch im Internet auf den italienischsprachigen Seiten zu finden.

Der aus Flamersheim - heute ein Stadtteil von Euskirchen - stammende Joseph („Jupp“) Weiss (16.5.1893 – 12.9.1976) verfasste den Artikel „Seder 1945 im Kinderhaus von Bergen-Belsen“ wenige Monate nach der Befreiung. Als „Judenältester  von Bergen-Belsen“ hatte er  das danteske Purgatorium miterleben müssen. Umso größer ist der Kontrast zu dieser Sederfeier im Kinderhaus, die erstmals Hans-Dieter Arntz 1983 in seinem Buch JUDAICA – Juden in der Voreifel (S. 441/442) in deutscher Sprache veröffentlichen konnte. Übersetzungen liegen bereits in mehreren Sprachen vor. Dr. Wolf Murmelstein sorgt jetzt für die italienische Version. Sie wird erweitert durch einen Epilog, die Kurzbiografie von Josef "Jupp" Weiss und eine Beschreibung des KZ Bergen-Belsen.

Eine persönliche  Kontaktaufnahme  ist möglich:  wolf.murmelstein@tiscali.it

Nur am Rande sei darauf hingewiesen, dass jegliches Copyright - auch für weitere Übersetzungen - bei den Angehörigen der Familie Weiss in Israel/USA sowie beim Autor Hans-Dieter Arntz liegt!

Der Bericht von Joseph („Jupp“) Weiss ist eines der seltenen Dokumente jüdischer Religiosität im Holocaust. So wurde die textliche Übernahme durch Hans-Dieter Arntz auch von Dr. Thomas Rahe - Leiter der Gedenkstätte Bergen-Belsen – in seinem Buch „Höre Israel – Jüdische Religiosität in nationalsozialistischen Konzentrationslagern“, Göttingen 1999, bes. S.153 ff. , gewertet.

Für die Übersetzung ins Italienische sei Herrn Dr. Wolf Murmelstein herzlich gedankt.

  (Italian version) 

L’ULTIMO SEDER A BERGEN BELSEN

Scritto da Josef Jupp Weiss, detto
lo “Judenaeltester” di Bergen Belsen
Era stato attivo nell’amministrazione
interna del settore degli ebrei olandesi
 e, nel periodo finale, di tutto il campo.
                                              
Testimonianza scritta in olandese nel 1945,
Pubblicato in tedesco nel volume
JUDAICA – JUDEN IN DER VOREIFEL
di Hans-Dieter Arntz
Testo in inglese sul sito internet
www.hans-dieter-arntz.de

Traduzione dal tedesco e note storiche
a cura di Wolf Murmelstein.
wolf.murmelstein@tiscali.it

 

ALLA TESTIMONIANZA E’
ALLEGATA LA NOTA SULLA
STORIA DEL LAGER DI
BERGEN BELSEN E  IL SUO
RUOLO NELLA SHOAH.

 

NEI NOSTRI GIORNI GRANDI ALBERGHI
INVITANO A PRENOTARE POSTI PER
 SEDER  E SOGGIORNI PER PESACH
QUESTA TESTIMONIANZA NARRA LA
CELEBRAZIONE DEL SEDER IN
CONDIZIONI DI FAME E MALATTIA
MA CON FEDE NELLA RINASCITA’
DEL POPOLO EBRAICO
DA SEMPRE LE PASQUE DI SANGUE
VEDEVANO SCORRERE SOLAMENTE
IL  SANGUE EBRAICO.

 

STAMPATO IN PROPRIO DA
WOLF MURMELSTEIN

LADISPOLI, Marzo 2007.

L’ULTIMO SEDER A BERGEN BELSEN

 

“Questa sera devi parlare in tutte le baracche” mi disse la mattina della vigilia mia moglie al momento di incontrarci. “Cosa dovrei però dire” le risposi “80% delle persone sono malate di tifo o di sfinimento. C’è la quarantena, manca quasi del tutto il pane. Poi, da 10 giorni ci viene fornito non più di un quinto delle razioni stabilite. Non c’è più niente da spalmare sul pane e  non parliamo del burro. Lo sai che ho parlato in occasione di tutte le Feste.  Nelle baracche ci saranno  piccole riunioni. Ricorda le feste per bambini a Chanukkah e Purim che sollevavano il morale di piccoli e grandi. Ricordati che la prima sera di Chanukkah, nei dormitori, nella sala dei malati e nel ricovero dei bambini vennero accese le luci. E non era un’esclusiva degli ortodossi perché vi hanno partecipato ebrei di tutte le tendenze; un fatto non trascurabile in uno dei più famigerati Lager della Germania. Segno della volontà di vivere e della forza degli ebrei appartenenti a 45 nazioni e ristretti nelle baracche in condizioni inumane!

Ma parlare oggi, quando dovrei dire “Ognuno che viene venga a mangiare con me” – No, ciò è troppo difficile per me. Anch’io sono solo un essere umano, e non abbiamo scorte per poter dare un po’ di supplemento ai malati ed agli esausti. Se parlo, dovrò dire tutto ciò.”

“Ma proprio per questo devi parlare; e questo verso della Haggada deve essere la linea guida del tuo discorso” mi rispose mia moglie nel suo tono sempre calmo e convincente.

Eravamo stati invitati a celebrare il Seder nella baracca dei bambini. Visitai quella sera tutte le baracche del nostro gruppo – i nove gruppi del Lager Bergen Belsen erano separati fra di loro da barriere di filo spinato – e dissi brevemente:

“E’ assurdo citare il verso della Haggada chiunque venga e mangi con noi perché qui è vero il contrario. Tutti abbiamo fame. La “Direzione” non ha più niente da darvi. Per i rifornimenti alimentari la situazione è tristissima. Non ho pane da darvi, solo a parole posso farvi coraggio. Tenete duro questi ultimi cinque minuti; sono gli ultimi. Pur non potendo leggere i giornali o ascoltare la radio; noi lo sentiamo. Siamo fra i pochi ebrei europei che, forse, sopravvivranno a questo massacro. Dobbiamo tenere duro, perché dobbiamo aver parte nel Rinascimento del nostro popolo ebraico. Abbiamo visto il tramonto di molti popoli. Anche dopo questa guerra per noi, che abbiamo avuto fatto tanti sacrifici, il sole tornerà a splendere. Avevo timore di parlarvi cosi questa sera, ma vedendo al momento di entrare in questa baracca, come in tutte le altre, sui pochi tavoli e sui letti le candele accese  con i piccoli gruppi riuniti per celebrare il Seder questo discorso mi venne facile dato che potevo vedere che voi sentite come me.” Omen da parte degli Ashkenaziti e Amen da parte degli Sefarditi erano ovunque le forti risposte alle mie parole.

Dopo aver parlato in questo modo per dieci volte raggiunsi la baracca dei bambini dove si era atteso il mio arrivo per iniziare lo Seder. Ero molto sorpreso – e ancora oggi sono orgoglioso - per quanto offerto da adulti ebrei a bambini ebrei, malgrado tutte le sofferenze e umiliazioni.
Un tavolo mirabilmente arrangiato, posti a sedere, due file di banchi,  i piani inferiori dei letti a castello a tre piani. Erano stati invitate alcune famiglie tra cui i figli di un Rabbino Capo, da poco morto di stenti insieme alla moglie, e la vedova di un altro rabbino. I bambini, circa 30, portavano i loro migliori “vestiti da Lager” e sedevano lieti intorno al tavolo. Il Sig. Birnbaum tenne il Seder in modo tradizionale dando tutte le spiegazioni e rispondendo alle domande dei bambini. Il Vasoio da Seder era conforme alle regole, ovviamente tutto era “di sostituzione”.

Dopo la prima parte c’era da mangiare; veramente magnifico e con diverse portate. I visi sia dei bambini che dei grandi erano raggianti grazie alle opere d’arte della Signora Birnbaum che, con l’aiuto delle figlie, aveva curato il benessere fisico dei partecipanti. Pure il “vino” era ottimo anche se “di sostituzione”.

A Bergen Belsen, durante gli ultimi 15 mesi, ci cibavamo essenzialmente di cavoli e altri tipi di rape. Quella sera riconobbi il valore delle rape. Quanto portato in tavola – il mangiare e vino ciòè il succo - era al 90% in base di rape trasformate dall’arte della Signora Birnbaum.

La seconda parte del Seder era solenne quanto la prima e non ricordo di aver sentito un canto cosi bello come quello di questi bambini. Al termine dicemmo tutti insieme “Leshana Haba’ah Biruschalaim” – L’ANNO PROSSIMO A GERUSALEMME.

Eravamo emozionati quando lasciammo la baracca dei bambini per tornare alla “Realtà”.

Accompagnai mia moglie e mio figlio alle loro baracche e dopo andai in ufficio per compilare con i miei collaboratori la lista quotidiana dei morti in tutto il Lager. Dei 596 morti del giorno circa 500 erano ebrei.

EPILOGO

Qualche giorno dopo l’ultimo Seder in prigionia i nazisti organizzarono il trasferimenti degli ebrei da Bergen Belsen verso Theresienstadt/Terezin che, fino ad allora, era stato tenuto come Ghetto Modello.

Da Bergen Belsen partirono tre trasporti - dei quali due  arrivarono a Theresienstadt/Terezin qualche giorno dopo che quel Ghetto era stato visitato dalla Croce Rossa Internazionale, dopo il rilascio verso la Svezia del gruppo degli ebrei danesi e, in ultimo, dopo una parodia di rivolta inscenata ad opera di agenti provocatori. L’epidemia di tifo petecchiale fra i nuovi arrivati, secondo i nazisti, doveva estendersi alla popolazione di Theresienstadt/Terezin; questo disegno diabolico non si realizzò nella misura voluta solo per  la rigorosa quarantena istituita dallo Judenaelster Murmelstein.

Il terzo trasporto -  sul quale si trovava Josef Weiss e famiglia - venne liberato dall’Armata Rossa il 23 aprile 1945 in un villaggio in Sassonia..
Molti morirono durante il viaggio per le condizioni inumane, lo sfinimento e il tifo; molti altri anche dopo essere stati liberat; fra loro anche la moglie di Josef Weiss (Emma) e il Rabbino di Salonicco Zwi Koretz Bergen Belsen venne liberato il 15 Aprile 1945 dall’esercito inglese che trovò molti morti e pochi Sopravvissuti che erano in condizioni indescrivibili.

Secondo la testimonianza pubblicata sulla BBC,  trasmissione radiofonica verso gli Stati Uniti, ripresa dalla Radio di Israele, in occasione  del primo Shabbat il Rabbino L .H .Hartman (presso  la seconda Armata dell’Esercito Inglese) organizzò una funzione alla quale parteciparono alcune centinaia di sopravvissuti. Alla fine della Preghiera questi sopravvissuti – con la gioia per la loro liberazione ma col lutto per i loro cari assassinati – fecero lo sforzo di cantare in coro HATIKVA (Speranza) e esclamarono tutti” IL POPOLO D’ISRAELE VIVE”.

Weiss era riuscito a compilare e conservare  una lista dei morti fra gli ebrei olandesi di Bergen Belsen. Ciò rese possibile alla Croce Rossa Olandese di pubblicare la lista dei Sopravvissuti ma anche il rilascio dei certificati di morte di coloro che non erano più tornati. Ciò era un grande merito perché su Bergen Belsen non sono possibili resoconti precisi; gli archivi vennero infatti distrutti dai nazisti prima dell’arrivo degli inglesi.

JOSEF (JUPP) WEISS

Nato a nel 1893 a Flammersheim, in Germania, uno di nove figli di una famiglia osservante.
Dopo la frequenza della scuola elementare e di un apprendistato professionale si trasferisce a Colonia presso parenti proprietari di una società di grandi magazzini, MICHEL & Co. Combattente nella Prima Guerra Mondiale, diventa sottoufficiale e viene decorato. Dopo la guerra torna a Colonia e diventa Capo del Personale nella società dei parenti, aderisce al movimento sionista, si sposa e diventa padre di due figli maschi.

Nel 1933 viene arrestato dalla Gestapo e tenuto in prigione per alcuni mesi. Appena liberato si trasferisce in Olanda con la famiglia e diventa socio di una fabbrica di articoli di pelletteria. Nel Movimento Sionista d’Olanda si dedica alle organizzazioni giovanili. Nel 1938/39 partecipa al
lavoro di assistenza per i bambini ebrei tedeschi che passano clandestinamente il confine.

Nel 1942 venne deportato nel campo (di transito) di Westerbork dove venne chiamato a far parte dell’amministrazione interna ebraica.

Nel gennaio 1944 – come “ebreo esperto in economia” – venne deportato a Bergen Belsen dove diventò sostituto dello “Judenaeltester/Anziano degli Ebrei”dello “Sternlager” (settore olandese). Essendo di madre lingua tedesca era ritento il più idoneo a parlare con il Commando SS. Quando nel Dicembre 1944 l’amministrazione autonoma ebraica venne soppressa, Weiss rimase tuttavia nell’amministrazione del Lager quale “esperto”.

Dopo la liberazione riuscì ad emigrare nel 1947 a Gerusalemme dove morì nel 1977.

BERGEN-BELSEN

IL LAGER PER VARIE CATEGORIE DI “EBREI DI SCAMBIO”

All’inizio dell’anno  1943 – dopo Stalingrado, lo sbarco alleato in Nord Africa e la sconfitta ad El Alamein – il regime nazista ritenne opportuno usare alcuni gruppi di ebrei da mostrare in occasione di eventuali visite di rappresentati della Croce Rossa o da usare per possibili scambicon civili tedeschi internati all’estero. Inoltre si riteneva che ebrei con particolari esperienze nell’economia potessero ancora essere utili. L’attuazione di simili propositi era però affidata all’ SS che procedeva con la nota, fanatica, brutalità. Comunque per gli “scambi” di ebrei concivili tedeschi internati all’estero valeva la regola: “evitare ogni possibilità di voci su atrocità”.

Se per “ebrei di riguardo” era già stato istituito il “Ghetto Modello”di TheresienstadtTerezin per gli “ebrei di scambio” doveva venire istituito un altro Lager. A Bergen-Belsen, a nord di Hannover nella Germania nord-occidentale e vicino al confine olandese, si poteva ottenere lacessione della maggior parte di un campo istituito nel 1941 per prigionieri di guerra sovietici, ormai in maggior parte morti per fame, epidemie e maltrattamenti; c’era quindi lo spazio per altri gruppi di infelici.

A differenza di Theresienstadt/Terezin, che era una cittadina, un campo di baracche rendeva possibile tenere rigorosamente separate le varie categorie di ebrei; in settori con ordinamenti particolari. La denominazione poi era “Aufenthaltslager/Campo di Soggiorno” aggirando cosi la Convenzione di Ginevra che dispone che i campi di internamento per civili devono essere accessibili per visite da parte di commissioni internazionali.

Le categorie destinate a Bergen Belsen erano, nel tempo, le seguenti:

1. Ebrei aventi relazioni (di parentela o altre) con influenti personalità di stati nemici.

2. Ebrei utilizzabili per scambi vantaggiosi con cittadini tedeschi prigionieri o internati in stati nemici. In effetti solo 357 poterono tornare liberi grazie ad uno scambio.

3. Ebrei utilizzabili quali ostaggi o altrimenti per pressioni politiche o economiche.

4. Funzionari.

5. Ebrei cittadini di stati neutrali, sistemati in un settore dove le condizioni erano migliori.

6. Ebrei polacchi titolari di passaporti di vari stati.

7. Ebrei ungheresi – 1683 – facenti parte del cosiddetto “Treno Kastner”. Arrivati nel Luglio 1944 poterono partire per la Svizzera – in parte in Agosto e in parte in Dicembre – dietro il pagamento di una forte somma di denaro. Di questo gruppo faceva parte anche il rabbinoultraortodosso e antisionista Joel Jailish Teitelbaum (detto lo Szatmarer).

8. Donne – essenzialmente ebree polacche e ungheresi - vennero portate nell’Agosto 1944 nel cosiddetto “Zeltlager/Tendopoli” per essere inviate nei vari campi satelliti istituiti presso le grandi fabbriche.

9. Donne – circa 8000 –  provenienti nei mesi di Novembre e Dicembre 1944 da Auschwitz. Il settore più grande era detto “Sternlager/Campo a stella) dove gli ebrei olandesi erano in maggioranza; inoltre vi erano gruppi di ebrei francesi, greci e italiani. Col Dicembre 1944 Bergen Belsen divenne destinazione di “trasferimenti” – in prevalenza Marce della Morte – da altri campi e iniziò il cosiddetto “Inferno di Bergen Belsen” che da “Aufenthaltslager/Campo di Soggiorno” divenne anche ufficialmente un  “KL/Campo di Concentramento”. A Febbraio 1945 l’epidemia di tifo giustificò la quarantena.

Nei mesi da Febbraio ad Aprile 1945 giunsero diversi trasporti per ferrovie o con Marce della Morte da altri Lager; all’aumento del numero dei prigionieri corrispose l’aumento dei morti.

Nel mese di Aprile ben tre trasporti partirono da Bergen Belsen in direzione di Theresienstadt Terezin, due dei quali giunsero a destinazione ed uno venne liberato dall’Armata Rossa.

Bergen Belsen venne liberato dall’Esercito Inglese il 15 Aprile 1945 che trovò molti morti da seppellire e i sopravvissuti in condizioni tremende; molti morirono anche dopo la liberazione. 

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